Dedicato agli allievi della scuola: spunti e riflessioni del nostro direttore artistico dopo la Biennale Musica
Venezia / 16-29.10.2023
Da poco di rientro dall’amata Venezia, uno dei miei rifugi “sospesi” preferiti, in cui mi rifocillo di idee, energia e ozio creativo, dove partecipo regolarmente al festival di Biennale Musica, che attualmente è diretto dalla brava compositrice Lucia Ronchetti, e da cui desidero condividere alcune mie impressioni.
Micro – Music
Quest’anno il tema scelto da Lucia è stato a mio avviso di fondamentale importanza, necessario e atteso, da me certamente, per la sua capacità di entrare con estrema rapidità e coerenza nelle trame più vere della contemporaneità musicale: Micro-Music – titolo che ci introduce alla musica digitale, elettronica, alla commistione e al dialogo tra suono acustico e suono amplificato, digitalizzato, campionato, creato dall’intelligenza artificiale, alla creatività musicale senza limiti di visioni e sperimentazione, sempre in comunicazione trasversale con le altre arti e la vita creativa più attuale.
Vi è stata una grande complessità di argomenti durante i tanti appuntamenti del festival (concerti, installazioni, performance, tavole rotonde, lezioni, e altro), con uno sguardo capace di avere ben chiari i capisaldi della tradizione musicale colta, quella che però non si fossilizza e autocelebra (come in un museo che mostra le sue opere – come purtroppo avviene per il 90% delle volte nelle sale da concerto più blasonate), bensì quella che si mette in contatto e discussione con le idee più avanguardistiche, quelle che hanno sempre spinto tutti i veri musicisti/artisti, quelle in cui oggi il suono digitale la fa da padrone.
Un inaspettato organo con John Zorn
Le sei sezioni proposte a Biennale Musica 2023 hanno dato spazio ad artisti di grandissima levatura, permettendogli di presentare le loro opere, gran parte in prima mondiale, senza vincoli di protocollo, dando vita a dei veri e propri laboratori musicali.
Per esempio, la sezione dedicata all’organo, e qui qualcuno potrebbe pensare “ma che c’entra l’organo con la musica digitale?!”, ha omaggiato senza eguali questo strumento phantasticus, definito a giusta ragione la prima “macchina musicale” della storia, perché capace di produrre una miriade di suoni (alcuni con una timbrica unica – quasi fossero suoni astrali, di un altrove, che forse solo un sintetizzatore di alto livello può provare a generare), ha regalato concerti ai quali in nessun altro luogo al mondo avremmo potuto assistere.
Basti solo citare l’esibizione di John Zorn, mitico istrione della musica contemporanea degli ultimi quarant’anni (coinvolto in centinaia di progetti sperimentali, spaziando tra i generi), che ha praticamente improvvisato per un’ora piena sui due organi della sala da concerto del Conservatorio, dando prova di cosa significhi essere un artista “libero”, che rimane sempre se stesso, con i suoi dubbi, le sue idee, visioni e sensazioni, senza preoccuparsi del giudizio altrui, perché solo così si può spingere l’asticella ancora un pochino più in là, con curiosità viva e umiltà.
Il compito di un artista
Altro grande nome del festival di quest’anno, che ha saputo anche lui ingaggiarsi con quella serietà e leggerezza assieme, che solo i grandi hanno, è stato Brian Eno, che ha ribadito come non debbano esistere barriere di genere e stile nella musica, perché il compito di un artista (e dico di proposito artista e non musicista) deve essere quello di, cito, “piantare semi destinati a crescere, controllandone solo l’ambiente in cui questi crescono”.
Come si pone Eno di fronte alla realtà musicale attuale è qualcosa che mi sento profondamente di condividere, ribadendo quanto in questo periodo storico ci troviamo in uno dei momenti più ricchi e lussureggianti (forse senza precedenti) in campo artistico: perché i mezzi a nostra disposizione, gli stimoli, gli artisti capaci, le persone buone a pensare e creare, sono talmente tanti e pieni di potenziale, che le aspettative di dare forma a opere di alto livello sono molto tangibili e davvero realizzabili; sta a noi metterci in gioco, rischiare, sperimentare con umiltà e mantenerci liberi dai vincoli (dai preconcetti).
Il festival ideato dalla direttrice Lucia Ronchetti l’ha saputo fare, complimenti!
Giornate così ricche e vivaci di stimoli creativi dovremmo viverle regolarmente, sono un’iniezione necessaria alla nostra vita e ai migliori valori in essa contenuti.
Mimmo Prisco
Foto: Courtesy La Biennale di Venezia ph. Andrea Avezzù